EREMITA IN CITTA'
Don Luciano Sanvito di BG da Loreto al Paradiso
________________PRESENTAZIONE______________
AL VAGLIO CON LO SBAGLIO
L'eremita non è certamente una persona perfetta, è fallibile e soggetta alla propria e altrui fragilità. Questi condizionamenti poi nella città si moltiplicano, in quanto le situazioni di pubblicità e di inganno si fanno più numerose e più forti che mai. Per questo, rispetto all'eremitaggio del deserto, quello della città è soggetto alle più disparate tentazioni e agli sbagli del soggetto in cerca di vita eremitica. Ma non per questo l'eremita deve scoraggiarsi, anche di fronte alle sue cadute e sconfitte; anzi, deve trarre riflessione per fare come una convergenza della sua missione e dell'identità propria e della stessa città. Ogni sbaglio rivela infatti la possibilità di crescere e rafforzare la muscolatura della mente, del cuore e dell'animo dell'eremita. Ogni errore diventa un filtro e un vaglio per poter procedere con più umiltà, con più dedizione e passione, ricordando sempre che la fedeltà alla vocazione dell'eremitaggio in città non viene dall'eremita, nè dalla città, ma dal mistero stesso dell'eremitaggio, che fa da calamita ogni volta che per fragilità la missione allontana l'individuo in ricerca e la città stessa dalla loro originaria e naturale identità. Il supporto a questa fedeltà che viene da fuori e alla passione che viene da dentro l'eremita sia comunque e sempre la ricerca umile e gioiosa del cammino quotidiano che l'eremitaggio regala ogni giorno a tutti: a lui, alla città, al mondo.
NON INVADERE CHI FA EREMITAGGIO
L'eremita di città può imbattersi in chi lo imita e fa esperienza di eremitaggio nella città; lui deve rispettare questa scelta, e tirarsi indietro, con umiltà, e lasciare che altri prendano il suo posto e la sua condizione. I doni dell'eremita infatti non gli sono dati sempre per essere applicati, ma alcune volte per essere lasciati in balia di altri e di altre situazioni. L'eremita di città, umanamente, resterebbe alquanto deluso, ma dal punto di vista di un mistero superiore, riconosce che la sua rinuncia è in vista di un dono rivolto ad altri, proprio attraverso la sua rinuncia. All'eremita insomma vengono dati doni non per essere espressi, ma per rinunciare ad essi in favore di altri, e questo è proprio è un segno di umiltà e di affidamento alla volontà di colui che tutto regola. Il sogno di una umanità migliore passa attraverso la rinuncia e la possibilità di affidare tutto all'altro e alle cose che passano per la città. Ritirarsi dalle possibilità che hai per dare all'altro una tua possibilità è una scelta di missione di eremitaggio che dalla rinuncia fa passare alla scelta migliore, sapendo che quello che hai rinunciato per l'altro diventa per te crescita di miglioramento di accrescimento di identità e di missione rinnovante rinnovata.
NON DISDEGNARE (QUASI) MAI
L'eremita di città non si lasci ingannare nel lasciar perdere segni, proposte, situazioni o persone che lui ritenga inutili, perditempo, già note, ripetitive o alle quali è già abituato. No. Disdegnare queste occasioni non è sempre cosa buona, anzi; lo sguardo penetrante dell'eremita sulla città deve radiografare bene la situazione, e cogliere tutte quelle realtà che gli si confanno, partendo proprio da quelle suddette. Passare a livelli superiori non è sempre valido, anzi, rischia di creare giudizio, avvallare il pregiudizio mondano e accrescere la superbia dell'eremita stesso. Quindi, da un lato dobbiamo dire: non disdegnare situazioni di quotidianità e di banalità. Dall'altro, dobbiamo anche dire che qualche volta lo sguardo attento e radiografante dell'occhio dell'eremita di città scorge in alcune di quelle situazioni una asintonia di fondo, quindi le occasioni in questo caso sono veramente da disdegnare. Un esempio possono essere inviti a incontri culturali, ma basati su parole senza dialogo e confronto autentico. L'eremita non si lasci trascinare da questi falsi miti che nascondono solo interessi umani in crescita fini a se stessi, disdegni la sua presenza. Distinguere la vera dalla falsa quotidianità, l'ipocrisia nascosta nelle occasioni di bene, il bene chiuso fine a se stesso da esibire, questi sono criteri per cui dire: qualche volta disdegno anche ciò che per la città è bello, vero e degno.
DIVIETO DI SOSTA?
L'eremita di città se è vero che non deve lasciarsi trascinare dal tram tram della stessa, ha anche il dovere e la missione di fermarsi, sostare e non aver timore di perdere tempo quando incontra occasioni per crescere nella propria esperienza e nell'umanità per sè e per gli altri. Questa sosta richiede una certa esperienza, che avviene con l'esercizio continuo di uno sguardo prudente, lungimirante e attento ai comportamenti incontrati da altri o da situazioni che gli vengano proposte o che gli capitano di fronte. Richiede anche prontezza nel valutare l'occasione, al fine di non perdersi nei meandri di discussioni inutili e dannose, che spesso sfociano in pettegolezzi o in superficiale allegria, cose non adatte all'eremitaggio. La sosta potremmo definirla come un bar spirituale e umanizzante, che magari si collega anche al fermarsi in un locale di questo tipo. L'eremita di città non deve temere nè bar, nè negozi nè mercati, nè situazioni di ritrovo; ma la sua priorità non sia mai il sostare, ma il passare, anzi l'oltrepassare in tutte queste realtà. Solo così manterrà integra la sua missione, la sua identità, la sua libertà, e aiuterà gli altri e la città a vivere questi valori. Più che avere paura di un divieto di sosta, l'eremita deve imparare a vivere il diritto e il dovere di sosta, per sè e per gli altri. Una sosta che quindi accrescerà il senso dei diritti e dei doveri dell'eremita e della intera città.
COLTIVATORE DI FUNGHI?
L'eremita del deserto ha nel suo percorso segni inconfondibili e ben visibili anche all'ottica umana; ma l'eremita di città non deve seguire quest'ottica dei segni evidenti, perchè sarebbe trascinato e ottenebrato proprio da quei segni nel suo percorso e rovinerebbe così la sua missione e la sua stessa identità. I segni della città confondono e creano caos, mentre quelli del deserto sono essenziali e formativi al primo achito. Per questo occorre nella città lasciarsi guidare dai segni non convenzionali e avere uno sguardo discernente e discriminante, proprio come se l'eremita fosse un cercatore di funghi, da invidiare sotto il manto dell'erba e del muschio. Uno sguardo da esperto, appassionato e considerando questi segni come segni di amore. Sì, proprio dalla città caotica, sotto il manto superficiale e caotico, stanno nascosti in attesa di essere colti segni non convenzionali e non assimilabili alla mentalità della città stessa, e che proiettano l'eremita nell'oltre, nella dimensione dell'al di là, e aiutano la città ad assumere questa nuova dimensione, che potremmo definire come il vero e unico progresso umano. Ecco perchè l'eremita vive nella città con amore, con passione e devozione: non solo perchè questa è la sua missione, ma anche perchè la città è la sua amante, quella che le è stata destinata per vivere appieno la sua missione, trascendendo poi da essa verso il vero amore universale ed eterno, là dove la città e il suo eremita hanno il loro stesso ed eterno destino.
TURISTA
L'eremita nella città non si deve affatto presentare con la serietà che spesso contraddistinguono le persone spirituali. No. Lui deve atteggiarsi nel suo passaggio come un turista, uno di passaggio che vede le cose e le persone come se mai le avesse viste, che si sa sorprendere e che sa apprendere come fosse la prima volta, anche le cose le conosce già. L'atteggiamento dell'eremita non è affatto quello della superiorità e della serietà, ma quello della serenità e dell'accoglienza: delle cose, delle persone, delle situazioni che la città gli offrirà di volta in volta. Guai se si fermasse e si stabilisse in una particolare situazione, anche la più bella! Come l'eremita del deserto, lui deve essere un nomade, un pellegrino, un turista appunto, in questo caso. Solo così darà occasioni e sarà occasione di serenità per sè e per tutti. E non deve stancarsi mai, come turista, di fare il tour quotidiano nella sua città, come a dire: son già stato, son già passato di qua. No. Deve ripetere con lo spirito del turista il suo giro, il suo tour, per rivedere, riprogrammare, sorprendersi e sorprendere, ricevere e dare novità, lasciarsi forgiare dalla città, che nel suo spirito originale, se affrontato con la mentalità del nulla, darà a se stessa e all'eremita un'energia nuova e rinnovante per il progresso umano e umanizzante di ogni cosa.