IL VIVERE DI COSE

Se la tentazione dell'eremita del deserto può essere quella di esagerare nella scelta di vivere senza le cose, senza niente, quella dell'eremita di città, sommerso ogni giorno da migliaia di cose, è quella di lasciarsi indurre a vivere di quella o di quell'altra cosa, che condizionano così le sue scelte di vita, deformando l'eremitaggio e tenendolo in ostaggio della realtà che brilla: la pubblicità. L'eremita di città ha bisogno di una energia superiore a quella del suo collega del deserto, perchè se quest'ultimo deve solo lasciare di sua scelta cose già conosciute e sperimentate, lui è tentato dalla novità, dalla curiosità del non conosciuto, dall'impulso della ricerca istintiva e del conoscere immediato e che lo coglie di sorpresa in un'atmosfera di tentazione a 360°. Il vivere delle cose inoltre è una dimensione già programmata dalla natura umana, per cui l'eremita di città deve forzare se stesso non tanto per andare "contro natura", ma per uscire dallo schema naturale del suo rapporto con le cose e le situazioni e andare "oltre". Se nel deserto avviene sopratutto una introiezione per andare oltre, in città l'eremita deve vivere una proiezione della mente, dell'animo e del cuore per superare se stesso e andare nella dimensione del romitaggio oltre il terreno stesso, al di là della dimensione materiale, che non è tanto un aspetto al quale rinunciare, ma un trampolino di lancio sul quale porsi per lasciarsi elevare in quella dimensione "oltre" che lo attende al di là di ogni attesa, aspettativa e comprensione. La città diventa così il razzo propulsore per l'eremita, per scoprire e far scoprire il mondo al di là della città.

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