SOPPESARE

Mentre nel deserto l'eremita non deve pesare altro che il nulla di fatto, nella città l'eremita ha da soppesare ogni cosa o situazione che incontra. Non si tratta affatto di giudicarla, intendiamoci subito: lui deve solo sentirne il peso nel valore, nell'efficacia e nella sintonia con il proprio eremitaggio, che poi è la base della vita della città del futuro. Egli stesso è come una bilancia vivente, e là dove passa o dove incontra qualcosa o qualcuno sente, percepisce, gusta pure l'essenza delle realtà, e indirettamente il suo passaggio le conferma, o anche le trasforma, se esse si trovano in situazione di apertura, di accoglienza e di disponibilità reale. Ogni cosa incontrata dall'eremita viene illuminata e quasi radiografata, per essere assunta, o per essere lasciata; e questo non per un suo intervento diretto, ma per una situazione a specchio che quella cosa o persona riceve da se stessa su se stessa. L'eremita è uno specchio di fronte al quale tutto riflette, apparendo per quello che è, e quindi potendo diventare quello che potrebbe essere in verità. Il metro di misura del peso è la semplicità, la naturalezza e la verità delle cose, che una volta soppesate e valutate, fanno recedere o procedere la città e l'eremita stesso verso la disumanità o l'umanità. Per questo l'eremita - specchio e ago della bilancia - sa pur mantenendo il sorriso, di avere una enorme e seria responsabilità nei confronti del destino di se stesso e di tutta quanta la città. 

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